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Nel mio ruolo di ginecologa forense, sono stata incaricata di valutare un caso drammatico: morte intrauterina del feto causata da distacco della placenta, con richiesta di accertare eventuali responsabilità sanitarie. Una domanda legittima, soprattutto da parte di chi ha subito una perdita così dolorosa. Tuttavia, nei casi di causa legale per distacco della placenta, è fondamentale distinguere tra malasanità e imprevedibilità clinica.

Nel corso della pratica medico-legale accade non di rado che la richiesta di accertare una presunta responsabilità sanitaria si confronti con eventi ostetrici drammatici ma purtroppo non prevedibili, almeno sulla base delle conoscenze mediche e dei protocolli clinici disponibili al momento. Il caso di cui tratto oggi rientra in questa categoria.

Le evidenze cliniche

La paziente, alla sua prima gravidanza, era stata presa in carico fin dal primo trimestre e sottoposta a controlli regolari. L’anamnesi iniziale non aveva evidenziato fattori di rischio ostetrico significativi, ad eccezione di un BMI (indice di massa corporea) moderatamente elevato.

Nel secondo trimestre emersero alcuni segnali clinici: valori pressori borderline, un lieve ipotiroidismo gestazionale e un’infezione urinaria recidivante.

Tra la 22ª e la 27ª settimana furono registrati valori pressori ai limiti, ma la risposta clinica fu puntuale e adeguata: venne attivato il monitoraggio domiciliare, prescritto un holter pressorio, richiesti biomarcatori specifici per il rischio di preeclampsia ed eseguite indagini di laboratorio, tutti risultati rientranti nei parametri previsti o indicativi di basso rischio.

Anche l’ecografia del terzo trimestre non mostrò segnali d’allarme: la crescita fetale risultava lievemente rallentata, mentre i doppler flussometrici erano regolari. Venne quindi programmato un follow-up a una settimana.

Purtroppo, prima della data stabilita, la paziente si recò in Pronto Soccorso per un malessere improvviso. L’ecografia d’urgenza rilevò un distacco massivo della placenta e la morte intrauterina del feto. Fu eseguito un taglio cesareo d’emergenza: la madre sopravvisse, nonostante alcune complicazioni post-operatorie.

Considerazioni medico legali

Dal punto di vista forense, e in particolare in sede di perizia per una richiesta di risarcimento medico per distacco della placenta, è emerso con chiarezza che non vi sono elementi per configurare una responsabilità sanitaria: si tratta di un caso emblematico in cui l’esito infausto non può essere attribuito a malpractice. Le condotte adottate dai professionisti risultano in linea con le linee guida cliniche, mentre i parametri riscontrati nei controlli non imponevano un ricovero anticipato né un trattamento differente.

Il distacco della placenta, in questo caso, si è verificato in modo acuto e imprevedibile, nonostante un’assistenza ostetrica coerente con gli standard professionali. L’assenza di negligenza, imprudenza o imperizia esclude un nesso causale medico-legale tra condotta clinica e l’evento avverso, elemento imprescindibile per sostenere una causa legale per distacco della placenta.

Episodi come questo sollevano interrogativi complessi, tanto dal punto di vista umano quanto giuridico. Il dolore e il bisogno di giustizia delle famiglie sono comprensibili, ma in ambito forense è necessario basarsi su un’oggettiva documentazione clinica e su criteri tecnico-scientifici rigorosi per tutelare tutte le persone coinvolte. L’esito infausto, per quanto tragico, non giustifica automaticamente l’avvio di una richiesta di risarcimento medico per distacco della placenta.

Una buona sanità non è sinonimo di infallibilità ma di aderenza rigorosa alle evidenze e al dovere di diligenza. Questo caso rappresenta un esempio di buona pratica sanitaria, dove, purtroppo, la gravità dell’evento ha superato le possibilità di intervento preventivo.