In questi giorni su siti online, giornali e social network si è tanto parlato del #fertilityday del 22 settembre, un’iniziativa del Ministero della Salute (poi cancellata perché accolta con un coro unanime di critiche e polemiche feroci), che aveva l’obiettivo di promuovere la maternità e preservare la fertilità nelle giovani donne. Questo “preservare la fertilità delle donne giovani” dal punto di vista professionale mi ha fatto pensare immediatamente alle nuove tecniche di egg freezing.
Mettendo da parte le questioni politiche di una campagna impostata in un modo piuttosto maldestro, accusata di mancanza di attenzione nei confronti di chi un figlio non lo vuole, o nei confronti degli innumerevoli problemi pratici e strutturali a cui una madre deve far fronte per farlo crescere in una società così priva di certezze, politiche e strumenti adeguati di welfare, come medico mi interessa piuttosto il messaggio sottolineato dall’iniziativa, che era focalizzata su quella che resta una verità incontrovertibile per la Medicina: il fatto che, purtroppo, l’età fertile nelle donne è limitata ai pochi anni della giovinezza, quando il picco fisiologico di fertilità diverge dagli obiettivi contingenti e dagli impegni quotidiani richiesti alle giovani donne attive nella società.
Se ad oggi non ci è quindi possibile sopperire direttamente alla scarsa lungimiranza della politica imperante né cambiare nell’immediato lo stato delle cose, ci è possibile tuttavia preservare la nostra fertilità, perché la Scienza ci aiuta nel posticipare la gravidanza in tempi diversi dall’epoca di massima fertilità biologica.
È a questo punto che entra in campo l’egg freezing, una tecnica di fecondazione assistita di diffusione recente, che consente alle donne nel pieno dell’età fertile (tra i 25-35 anni) il prelievo di gameti, per preservarli tramite crioconservazione per una futura gravidanza.
Una procedura adottata con l’intenzione di attenuare la pressione dell’orologio biologico della donna (nella quale la riserva di follicoli inizia infatti a esaurirsi progressivamente dai 35 anni con l’aumentare dell’età) e che ne asseconda indipendenza ed emancipazione, offrendole la prospettiva di avere figli portatori dei propri geni anche in età non più fertile.
Una tecnica che – con modalità analoghe – può venire applicata anche al liquido seminale maschile.
Nata esclusivamente per motivi medici, per rispondere alla necessità nelle giovani donne malate di tumore di congelare gli ovuli prima di affrontare la terapia chemioterapica (spesso causa di sterilità momentanea o permanente e di scompensi d’ovulazione), con l’obiettivo di riutilizzarli in seguito a guarigione avvenuta, questa procedura di “procreazione medicalmente assistita” (PMA) ha assunto nel tempo il nome di “social egg freezing” ed è stata estesa anche alla donna senza particolari patologie, nel tentativo di aiutarla a programmare la propria maternità in situazioni future, di maggiore stabilità sentimentale, socioeconomica o lavorativa.
Il congelamento degli ovociti è un percorso consigliato anche alle donne a rischio di ripetuti interventi chirurgici dell’ovaio, come quelle affette da endometriosi e – contrariamente a ciò che avviene ancora in Italia – è una procedura largamente conosciuta e ampiamente praticata all’estero, in Nord Europa e USA, dove è stata persino concessa come un qualsiasi benefit alle giovani dipendenti di Apple e Facebook.
Come funziona il congelamento delle cellule uovo, step by step
- Una serie di analisi mirate e la firma del consenso informato precedono la stimolazione ovarica della donna, effettuata attraverso una terapia iniettiva ormonale personalizzata della durata di 2-4 settimane (con ormoni auto-somministrati) quindi di ulteriori 10-15 giorni (ormoni per stimolare le ovaie).
- Non appena le ovaie hanno raggiunto il livello di follicoli ottimale, viene effettuato il prelievo degli ovociti (pick-up) per aspirazione transvaginale sotto guida ecografica, in day hospital e con anestesia generale, in assenza di dolore.
- Gli ovociti prelevati vengono portati per la conservazione in un laboratorio di PMA, trattati e portati a bassissime temperature, ossia congelati molto lentamente, con la tecnica della crioconservazione o vitrificazione.
- Su richiesta della paziente gli ovociti sopravvissuti dopo lo scongelamento saranno utilizzati anche dopo anni, nella fecondazione assistita in vitro, per ottenere gli embrioni da trasferire in utero con tecniche di PMA.
Occorre decidere per l’egg freezing consci del fatto che non è una garanzia assoluta contro l’infertilità: secondo gli attuali dati del Ministero della Salute, seppure influenzato dalla presenza di patologie o di fattori di rischio concomitanti come dall’età anagrafica della donna, il tasso medio di sopravvivenza dei gameti dopo lo scongelamento è di circa il 70%, a cui va aggiunta una percentuale di gravidanze – giunte a buon fine – statisticamente inferiore a quella di una FIVET che utilizza ovociti appena prelevati. Bisogna anche tenere presente i dati dell’Oms che ci dicono che nel 2020 sarà infertile solo una coppia su tre nel mondo, in virtù di una serie di fattori ambientali, tra i quali l’età sempre più matura in cui le donne affrontano la gravidanza (età media attuale delle italiane: 32 anni – dati Istat).
Come specialista in Ginecologia ed Ostetricia io mi sento di consigliare l’egg freezing alle pazienti che reputo idonee al trattamento, in quanto nel periodo storico e sociale che stiamo vivendo, non potendo cambiare la struttura della società né renderla adeguata alle esigenze di una moderna maternità consapevole, ritengo che congelare gli ovociti sia uno “scegliere il male minore” oltre che un passo importante verso l’emancipazione della donna, e un aiuto concreto per poter scegliere il momento del concepimento più idoneo ai propri obiettivi, evitando successivamente procedure più complesse come l’ovodonazione e la gravidanza eterologa.