
Ogni anno, il 6 febbraio, celebriamo la Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF), un’occasione per riflettere non solo su queste pratiche specifiche, ma sul più ampio contesto delle modificazioni corporee imposte dai sistemi culturali e di genere.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce le MGF come la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o qualsiasi altra lesione inflitta per motivi non medici. Questa pratica è diffusa in molte parti del mondo e interessa oltre 200 milioni di donne e ragazze, con circa 3 milioni di nuove vittime ogni anno, spesso di età inferiore ai 15 anni.
Le mutilazioni genitali femminili (MGF) rappresentano una violazione dei diritti umani e un grave problema di salute pubblica.
Il dibattito sul termine da utilizzare: mutilazione o circoncisione?
Il linguaggio utilizzato per descrivere le pratiche di modificazione genitale femminile è tutt’altro che neutro. Fin dagli anni ’90, il termine “mutilazione genitale femminile” (Female Genital Mutilation, FGM) è stato adottato a livello internazionale dalle organizzazioni per i diritti umani, compresa l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per sottolineare esplicitamente la gravità dell’atto e il danno irreversibile che provoca sulla salute delle donne.
Tuttavia, molte delle donne che hanno subito questa pratica rifiutano il termine “mutilazione”, perché lo considerano stigmatizzante, perché veicolando un’immagine di vittimizzazione, è lesivo della loro identità culturale. Per questo motivo, alcune organizzazioni utilizzano espressioni più neutre come “escissione” o “circoncisione femminile” (Female Genital Cutting – FGC).
D’altra parte, questi termini alternativi vengono criticati da altri attivisti, perché rischiano di minimizzare la gravità delle conseguenze sulla salute e sul benessere delle vittime.
Oltre le parole
In ogni caso, al di là delle definizioni, l’obiettivo delle organizzazioni internazionali rimane quello di porre fine a queste pratiche attraverso la prevenzione, l’informazione e il rispetto dei diritti delle donne e delle bambine. Il valore sta nel riconoscere la complessità culturale, mantenendo un approccio che rispetti sia i diritti individuali che la sensibilità delle comunità.
Le quattro tipologie di MGF secondo l’OMS
Per comprendere il fenomeno a fronte della grande variabilità di forme e modalità con cui le mutilazioni genitali femminili vengono praticate nel mondo, l’OMS ha elaborato una classificazione che aiuta a individuare le categorie di rischio sanitario.
La prima classificazione standardizzata è stata messa a punto a Ginevra nel 1995 da un gruppo tecnico congiunto OMS/WHO ed è stata aggiornata più volte nel tempo. Secondo questa classificazione, la forma più comune è l’escissione della clitoride e delle labbra (80% dei casi), mentre la più estrema, l’infibulazione, riguarda circa il 15% delle donne sottoposte a queste pratiche.
Nel 2023, l’OMS ha pubblicato una versione aggiornata della classificazione, con una distinzione più precisa delle tipologie di MGF:
- Tipo 1: rimozione parziale o totale del glande clitorideo e/o del prepuzio clitorideo.
- Tipo 2: rimozione parziale o totale del glande clitorideo e delle piccole labbra, con o senza rimozione delle grandi labbra.
- Tipo 3 (infibulazione): restringimento dell’apertura vaginale mediante taglio e riposizionamento delle piccole o grandi labbra, spesso cucite insieme.
- Tipo 4: comprende tutte le altre pratiche dannose sui genitali femminili, come punture, perforazioni, incisioni, raschiature e cauterizzazioni.
Conseguenze fisiche e psicologiche delle MGF
Le MGF non comportano alcun beneficio per la salute, ma causano gravi conseguenze fisiche e psicologiche. Tra gli effetti immediati vi sono dolore intenso, sanguinamento grave, infezioni e traumi, mentre nel lungo termine possono insorgere complicazioni mestruali, problemi urinari, dolore cronico, difficoltà nei rapporti sessuali e complicazioni ostetriche, durante il parto e con maggiore rischio di morte neonatale. Sotto gli occhi di tutti le gravi conseguenze psicologiche, inclusi ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico.
Le MGF nel contesto delle modificazioni genitali
L’OMS colloca nel Tipo 4 solo le forme più dannose di modificazione genitale, ma esistono molte altre alterazioni dei genitali femminili legate a dinamiche culturali e sociali. Queste modificazioni non cruente, spesso promosse da pressioni estetiche e sociali, rientrano nel vasto insieme delle pratiche di alterazione del corpo legate a modelli di genere e relazioni di potere.
In questo senso ci sono modificazioni corporee che possono essere viste come manifestazioni di complessi meccanismi di controllo sociale e di genere.
Anche nelle società occidentali, interventi di labioplastica, di depilazione vulvare totale, o altre procedure estetiche apparentemente libere e volontarie, sebbene non classificabili come MGF, possono essere analizzate criticamente in un contesto più ampio di oggettivazione del corpo femminile, di condizionamenti culturali e di compiacenza nei confronti delle aspettative maschili sulla femminilità e la bellezza.
La lotta per l’eliminazione delle MGF
A livello internazionale, le MGF sono riconosciute come una grave forma di discriminazione e violazione dei diritti umani. L’Agenda 2030 dell’ONU con i suoi obiettivi di sviluppo sostenibileprevede la totale eliminazione di questa pratica entro il 2030, attraverso azioni di sensibilizzazione presso le comunità in cui le MGF sono ancora diffuse e interventi legislativi.
In Italia, la Legge 9 gennaio 2006, n. 7, punisce severamente chiunque pratichi mutilazioni genitali femminili, prevedendo pene che vanno da 4 a 12 anni di reclusione. La normativa vieta anche l’esecuzione della MGF all’estero da parte di cittadini italiani o stranieri residenti in Italia, riconoscendo la protezione internazionale come forma di persecuzione basata sul genere a chi rischia di subirla.
Educazione e prevenzione: le armi più efficaci
La battaglia contro le mutilazioni genitali femminili passa attraverso l’informazione e l’educazione, soprattutto delle nuove generazioni. Investire sull’istruzione femminile è una delle strategie più efficaci per rendere le bambine consapevoli dei loro diritti e capaci di difenderli. In questa direzione, le istituzioni sanitarie, le associazioni umanitarie e i governi devono collaborare per proteggere milioni di ragazze da questa pratica lesiva e ingiustificata.
In occasione della Giornata Mondiale contro le MGF, è fondamentale continuare a diffondere consapevolezza e a sostenere chi si batte per l’abolizione di questa violenza per la dignità e la salute di milioni di donne nel mondo.
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