cancro-ovaio-prevenzione

Il cancro ovarico è a livello mondiale la quinta neoplasia più comune nelle donne (quasi 5 mila nuovi casi ogni anno) e la prima causa di morte per tumore in ambito ginecologico, per via del ritardo con cui generalmente viene diagnosticato (circa due terzi dei casi scoperti rappresentano stadi ormai avanzati), essendo all’inizio asintomatico e presentando in seguito sintomi generici, comuni a molte altre patologie, quali addome gonfio, sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto, aerofagia, bisogno frequente di urinare.

Il fattore di rischio riconosciuto associato al carcinoma ovarico è l’età avanzata (la malattia interessa maggiormente le donne tra i 50 e i 70 anni) insieme ad altre condizioni che contribuiscono ad aumentarne l’incidenza, quali l’infertilità, l’endometriosi, l’obesità, l’avere avuto un menarca precoce e una menopausa tardiva, infine una storia familiare di tumore dell’ovaio, della mammella e del colon, in due o più parenti di primo grado (mamma zia o sorella).

Secondo alcuni studi anche il ricorso a tecniche di fecondazione assistita per l’utilizzo di farmaci d’induzione dell’ovulazione può aumentare il rischio, ma tale teoria non è ancora stata confermata.

Le donne che hanno avuto più gravidanze, praticato l’allattamento al seno e assunto estroprogestinici orali per periodi prolungati, sembrano essere più protette e soggette a una diminuzione del rischio.

Sono invece considerate donne ad alto rischio di sviluppare il cancro ovarico (nella misura maggiore di circa 6 volte rispetto al resto della popolazione) quelle con familiarità positiva associata alla presenza di mutazioni nei geni responsabili della sindrome del carcinoma ereditario della mammella/ovaio (HBOC), quindi del BRCA1 e BRCA2, e del carcinoma colon-rettale non polipoide del retto (HNPCC).

Questa popolazione a rischio aumentato per fattori di ereditarietà accertati, dovrebbe seguire regolarmente programmi di screening per la prevenzione e la diagnosi precoce. Per questa classe di donne è suggerita quindi una consulenza genetica, con l’obiettivo di definirne il reale rischio e di consigliare il protocollo più indicato; per le donne con alterazione del gene BRCA1 ad esempio lo screening è consigliato dall’età di 30-35 anni, mentre e per il BRCA2 ha inizio dai 35-40 anni.

Prevenzione: la diagnosi precoce del cancro all’ovaio non sempre è possibile

Al momento per prevenzione generale è consigliata la visita ginecologica annuale con palpazione pelvica (esplorazione bimanuale), mentre alle pazienti maggiormente a rischio viene proposta l’ecografia transvaginale, spesso combinata con il dosaggio sierico del marcatore CA 125, i cui valori di per se stessi non sono attendibili, in quanto possono presentarsi elevati anche in patologie diverse, non ginecologiche o non tumorali. Questa combinazione di test può andare incontro a una significativa percentuale di falsi positivi e negativi, motivo per cui il suo utilizzo va attentamente valutato in rapporto alla classe di rischio della donna.

In pratica non esistono ancora test diagnostici comprovati come altrettanto efficaci di quelli per il tumore della mammella, del collo dell’utero o del colon, ossia in grado di determinare una significativa diminuzione di mortalità per il cancro dell’ovaio e tali da giustificarne l’adozione organizzata tra i programmi di salute pubblica.

In presenza di risultati positivi, in aggiunta all’ecografia possono essere utilizzati la TAC addome, il clisma opaco con bario e la risonanza magnetica, per una prima verifica della diffusione del tumore ovarico e della presenza di eventuali metastasi nella cavità addominale, prima della valutazione chirurgica con prelievo e diagnosi istologica.

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