sepsi-materna-puerperale-cure-prevenzione

La nuova definizione di sepsi materna dell’OMS, redatta sulla base di una consulenza tecnica internazionale è del 2016: “La Sepsi materna è una condizione pericolosa per la vita, definita come una disfunzione d’organo conseguente a un’infezione contratta durante la gravidanza, il parto, e il periodo post-aborto o post-partum (inteso come lasso di tempo fra la rottura delle membrane o il parto e il 42° giorno del puerperio)”: in altre parole è una risposta sistemica a un’infezione, sregolata e rischiosa per la vita.

Nel 2015 durante la conferenza Enhancing the Focus on Maternal Sepsis era stata riconosciuta l’urgenza di formulare una definizione di sepsi materna basata su prove scientifiche. Le International Consensus Definitions for Sepsis and Septic Shock sono infatti basate su parametri diagnostici applicabili a una popolazione generale di adulti e non alla popolazione ostetrica.

Per questo motivo l’OMS e Jhpiego (organizzazione sanitaria internazionale no-proft affiliata alla John Hopkins University) hanno promosso la Global Maternal and Neonatal Sepsis Initiative con l’obiettivo di sviluppare strategie efficaci per la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento di questa importante complicanza ostetrica.

Nonostante il miglioramento delle terapie e la disponibilità di antibiotici di ultima generazione, nei paesi occidentali viene registrato un aumento della sepsi in gravidanza, al parto e in puerperio: i dati epidemiologici evidenziano un’incidenza nell’Unione Europea di circa 90 casi per 100.000 abitanti, con una stima di 1,4 milioni di casi di sepsi l’anno.

A livello nazionale, dai risultati di un progetto dell’Istituto Superiore di Sanità, la sepsi puerperale risulta la quarta causa di morte materna diretta (entro 42 giorni dall’esito della gravidanza), dopo le emorragie ostetriche, i disturbi ipertensivi e la trombosi, con tassi del 4,8%

Dalle segnalazioni operate negli anni dal sistema di sorveglianza attiva ISS-regioni su eventi di sepsi come causa di morte materna diretta e indiretta, con revisioni effettuate attraverso audit e indagini confidenziali nel rispetto delle procedure, si evince come ben 8 su 10 siano correlati a un’assistenza medica sotto lo standard.

Io stessa in qualità di ginecologa forense ho avuto diverse esperienze d’incarico come consulente di parte o CTU in importanti cause di risarcimento del danno medico connesse purtroppo a questa materia delicatissima e terribile, ovvero al decesso da sepsi puerperale di una neomamma.

Riconoscere prontamente le infezioni a rischio sepsi

Le infezioni materne non prontamente diagnosticate e curate possono infatti evolvere in sepsi o grave morbosità materna, quindi è molto importante che vengano riconosciute, prevenute e gestite per tempo, perché possono avere esiti mortali, al pari di altre patologie severe in gravidanza.

A inizio 2017 a tale proposito sono state pubblicate le nuove Linee Guida della Surviving Sepsis Campaign (SSC).che, seppur nel persistere ancora di molte incertezze sull’approccio terapeutico, identificano le azioni fondamentali per la una corretta gestione della sepsi puerperale, ovvero:

identificazione precoce e controllo della fonte di sepsi
misurazione del lattato
esami colturali prima della terapia antibiotica
terapia antibiotica il più precoce possibile (possibilmente entro 60 minuti dalla diagnosi)
gestione precoce dell’emodinamica (infusione di fluidi e uso di vasopressori)

Diagnosi della sepsi puerperale:

Per la diagnosi precoce di una sospetta condizione infettiva a rischio di sepsi si parte dal qSOFA.
Il quick SOFA (Sequential [Sepsis-related] Organ Failure Assessment) è un punteggio – rapido e facile da determinare nella paziente senza esami di laboratorio – messo a punto per facilitare il riconoscimento precoce di un’infezione a rischio maggiore di evoluzione negativa, che si basa su tre parametri:
1. pressione arteriosa
2. frequenza respiratoria
3. stato di coscienza

Questo score non consente però di diagnosticare un danno d’organo e quindi una vera e propria sepsi: è stato quindi proposto di associare al qSOFA il dosaggio dei lattati venosi in triage, secondo evidenze che associano a un livello superiore a 2 mmol/l un outcome peggiore in termini di mortalità, ammissione in terapia intensiva e uso di vasopressori.

In generale l’utilizzo combinato dei dati oggettivi rilevabili al triage nel paziente identificato come potenzialmente settico risulta elemento fondamentale e le raccomandazioni della SIMEU (Società Italiana Medicina di Emergenza-Urgenza) sono le seguenti:

1. Rilevazione dei seguenti dati oggettivi al Triage (FC, SatO2, FR, PA, Tc, STATO DI COSCIENZA)
2. Uso combinato del qSOFA con criteri di allerta aggiuntivi per aumentarne la sensibilità per l’identificazione del paziente settico al Triage di Pronto Soccorso
3. Non ci sono evidenze definitive per scegliere tra i criteri aggiuntivi da combinare con il qSOFA
4. Si raccomanda la misurazione precoce del lattato.

Altri criteri aggiuntivi vengono adottati nelle regioni come Lombardia, Toscana, Friuli Venezia Giulia che hanno prodotto documenti sulla gestione della sepsi.

In particolare in Toscana, dove insieme alla Lombardia esercito normalmente io (ricevo infatti a Firenze e Milano), si propone l’adozione del sistema di punteggio MEWS (Modified Early Obstetrics Warning System).

 

tabella sorveglianza clinica sepsi puerperale

Sintomi e segnali di presenza della sepsi

Se riscontriamo un’infezione certa o sospetta dobbiamo sempre verificare la presenza di un danno d’organo per porre la diagnosi di sepsi.

Ugualmente se riscontriamo un danno d’organo non altrimenti spiegabile, dobbiamo sempre verificare la presenza di un’infezione certa o sospetta per porre una diagnosi di sepsi materna. 

In attesa della messa a punto di criteri diagnostici di sepsi materna validati a livello internazionale, vengono adottati quelli proposti nel progetto ItOSS di sorveglianza ostetrica che sono stati definiti prendendo come riferimento i criteri del protocollo Sepsis 3 adattandoli alla popolazione delle donne in gravidanza o entro 42 giorni dal suo esito.

Il progetto ItOSS ha adottato i seguenti criteri diagnostici per la diagnosi clinica di infezione e di danno d’organo, che si basa sul riscontro di almeno uno dei seguenti segni/sintomi:

  • febbre ≥38°C;
  • cefalea e/o rigidità nucale
  • sintomi respiratori (tosse produttiva, faringodinia etc)
  • difficoltà respiratoria (frequenza respiratoria ≥20 atti respiratori/min e/o utilizzo di muscolatura accessoria e/o ipossiemia con SpO2 95%)
  • sintomi urinari (disuria, etc)
  • dolore e tensione addomino-pelvica
  • diarrea o vomito
  • rash cutanei
  • perdite vaginali maleodoranti

Le linee guida del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists riportano gli stessi aspetti clinici adottati da ItOSS per la diagnosi di infezione.

Cause e agenti patogeni della sepsi puerperale

Per frequenza le infezioni responsabili della sepsi in gravidanza interessano il tratto genitale (39%) e, a seguire, il sistema urinario (37%)[1], seguite dalle infezioni del sistema respiratorio[2]. In gravidanza un terzo delle sepsi è riconducibile alle infezioni del sistema urinario mentre, nel periodo post natale sono le infezioni dell’apparato genitale a essere responsabili di un terzo del totale dei casi[3].

Le infezioni nella popolazione ostetrica sono spesso di natura polimicrobica, probabilmente a causa della loro frequente origine genitale. I microrganismi batterici isolati più spesso sono: Escherichia coli e streptococco di gruppo A. (20,30,31)

L’Escherichia coli, batterio Gram negativo, è l’agente infettivo più frequente in epoca sia pre sia post natale.

Lo streptococco di gruppo A, secondo per frequenza, è un batterio Gram positivo responsabile di gravi endometriti post partum, sindromi da shock tossico, fasciti necrotizzanti, sepsi e shock settico nel periodo post natale[4].

Lo streptococco beta emolitico di gruppo A, noto come streptococco piogene (GAS), causa un quadro clinico caratterizzato da dolore addominale, febbre e tachicardia. L’infezione può insorgere in gravidanza o, più frequentemente, nel post partum. La sua incidenza è aumentata negli ultimi 10 anni[5] e le esotossine prodotte possono determinare necrosi tessutale che interessa molteplici organi e che può causare una toxic shock syndrome.

Monitoraggio e cura della sepsi puerperale: MEOWS e Bundle

La linea guida ISS-SNLGL’emorragia del post partum: come prevenirla, come curarla[6] e quelle AGENAS[7] per la prevenzione delle complicanze legate alla gravidanza raccomandano l’adozione dei MEOWS (Modified Early Obstetrics Warning System) come strumento di allerta e monitoraggio per il riconoscimento precoce delle emergenze ostetriche: rilevare tempestivamente determinate alterazioni dei parametri vitali, anche minime, è essenziale perché nella sepsi la diagnosi e le cure precoci impattano indubbiamente sulla prognosi materno-fetale.

L’importanza della tempestività nel trattamento della sepsi è stata dimostrata e confermata: l’Early Goal Direct Therapy è il protocollo alla base delle tre successive stesure delle linee guida della Surviving Sepsis Campaign [8] ed è stato raccomandato per il management della sepsi anche da una ulteriore revisione sistematica di letteratura[9].

Le raccomandazioni e i tempi delle attività sono stati integrati nei cosiddetti bundle, ovvero in un gruppo di interventi evidence based che garantiscono migliori esiti quando eseguiti congiuntamente piuttosto che singolarmente.

In caso di sepsi sospetta o certa, i MEOWS di monitoraggio servono dunque per decidere per tempo la necessità di un trasferimento della donna monitorata in Terapia Intensiva.

Le buone pratiche cliniche circa la frequenza di rilevazione dei parametri MEOWS raccomandano di:

  • rilevare in maniera completa i parametri vitali in caso di generico sospetto clinico di infezione/sepsi o nella donna che si presenta in gravidanza o entro 42 giorni dal parto in pronto soccorso ostetrico;
  • fare un rilevamento ogni 30 minuti (con frequenza rivedibile in base alle condizioni cliniche e secondo prescrizione medica) nella donna con una situazione di emergenza di sepsi severa/shock settico
  • con la rilevazione di un parametro rosso o di due parametri gialli attivare l’immediato intervento del ginecologo, che deve valutare le condizioni cliniche, procedere all’identificazione della fonte e dell’agente eziologico responsabile dell’infezione (indispensabile per una corretta impostazione della terapia antibiotica) e provvedere alla definizione del piano assistenziale e all’indicazione della frequenza di monitoraggio dei parametri vitali secondo MEOWS.

Non appena diagnosticata la sepsi puerperale si raccomanda entro la prima ora o comunque il prima possibile di adottare il bundle Sepsis Six[10],[11],[12],[13] un sistema di sei azioni distinte in tre interventi diagnostici e tre terapeutici.

I tre interventi diagnostici previsti:

  1. Prelievo per emocoltura ed esami colturali
  2. Prelievo per lattati ed esami ematochimici. Nelle pazienti con sospetta sepsi o shock settico si raccomanda di eseguire, immediatamente o al massimo entro 30 minuti, il controllo dei lattati tramite emogasanalisi da prelievo arterioso o venoso e alcuni esami ematochimici per facilitare l’identificazione di un eventuale danno d’organo. Gli esami ematochimici raccomandati comprendono: emocromo completo con formula, lattati, elettroliti, PT, PTT, fibrinogeno, bilirubinemia, creatininemia, azotemia, PCR o PCT. Il valore assoluto di lattato, benché sia una misura indiretta della perfusione tessutale, è più affidabile rispetto all’esame obiettivo e all’output urinario. Il suo andamento nel tempo è inoltre utile al monitoraggio della situazione clinica e per valutare la risposta alla terapia.
  3. Monitoraggio della diuresi. Un’oliguria/anuria con valori di diuresi 30 cc/h è un significativo indicatore di difetto di perfusione ematica e un indice clinico indiretto di un peggioramento del quadro emodinamico della paziente. 

I tre interventi terapeutici:

  1. Somministrazione di ossigeno
  2. Terapia antibiotica. Nelle pazienti con sospetta sepsi o shock settico si raccomanda che la somministrazione della terapia antibiotica per via endovenosa inizi prima possibile e comunque entro 1 ora dal riconoscimento della condizione. La tempestività della terapia antibiotica è infatti un elemento chiave per la sopravvivenza perché nelle 6 ore che seguono la diagnosi di sepsi e/o shock settico ogni ora di ritardo è associata a un aumento lineare della probabilità di morte. Si raccomanda di iniziare quanto più precocemente possibile un trattamento empirico con uno o più antibiotici ad ampio spettro in grado di coprire i patogeni più probabilmente coinvolti. Considerata l’elevata mortalità associata a un trattamento iniziale non appropriato, è preferibile uno schema terapeutico iniziale in eccesso piuttosto che in difetto.
  3. Terapia infusionale

Oltre alle azioni necessarie al rispetto del bundle Sepsis Six, in caso di sepsi il controllo del focolaio settico da cui origina l’infezione è dirimente per il successo del trattamento.

Si raccomanda pertanto di identificare o escludere il più rapidamente possibile la presenza di focolai di infezione mediante l’esame obiettivo e, quando necessario, ricorrendo senza indugi alla diagnostica per immagini più adatta in base al sospetto diagnostico.

La programmazione di un corretto percorso diagnostico-terapeutico deve essere guidata anche dalla condizione associata alla sepsi. È opportuno eseguire un’ecografa pelvica. In base alla sintomatologia e al quadro clinico va considerata anche la richiesta di ulteriori approfondimenti diagnostici quali l’ecografa addome, la TAC o RM addome e pelvi.

 

 

Bibliografia:

[1] Lavi Oud, Pregnancy-associated severe sepsis: contemporary state and future challenges. Infect Dis Ther 2014;3:175-89

[2] Acosta CD, Kurinczuk JJ, Lucas DN, et al. Severe maternal sepsis in the UK, 2011-2012: a national case-control study. PLoS Med 2014;11:e1001672.

[3] Elton RJ, Chaudhari S. Sepsis in obstetric. Continuing Education in Anaesthesia, Critcal Care & Pain, 2015.

[4] Royal College of Obstetricians and Gynaecologists. Bacterial sepsis following pregnancy, Green top Guideline N. 64b, 2012.

[5] Palaniappan N, Menezes M, Wilson P. Group A streptococcal puerperal sepsis: management and prevention. Obstet Gynaecol 2012;14:9-16.

[6] Sistema nazionale linee guida (SNLG), Istituto superiore di sanità (ISS). Emorragia postpartum: come prevenirla, come curarla. Linea guida n. 26 Roma: ISS, 2016. Testo integrale: www.iss.it/binary/moma/cont/LGEPPcorrige.pdf

[7] AGENAS. Linee di indirizzo per la prevenzione delle complicanze in gravidanza. Agenzia Nazionale Per i Servizi Sanitari Regionali, 2017.

[8] Dellinger RP, Carlet JM, Masur H, Gerlach H, Calandra T, Cohen J, Gea-Banacloche J, Keh D, Marshall JC, Parker MM, Ramsay G, Zimmerman JL, Vincent JL, Levy MM; Surviving Sepsis Campaign guidelines for management of severe sepsis and septic shock. Crit Care Med 2004;32:858-73

[9] Rusconi AM, Bossi I, Lampard JG, Szava-Kovats M, Bellone A, Lang E. Early goal-directed therapy vs usual care in the treatment of severe sepsis and septic shock: a systematic review and meta-analysis. Intern Emerg Med 2015;10:731-43.

[10] Robson WP, Daniels R. The Sepsis Six: helping patents to survive sepsis. Brit J Nurs 2008;17:16-21.

[11] Rhodes A, et al. Surviving Sepsis Campaign: International Guidelines for Management of Sepsis and Septc Shock: 2016. Intensive Care Med 2017;43:304-77

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[13] European Centre for Disease Prevention and Control. Combined resistance and carbapenem resistance increasing in Europe, shows the ECDC annual report on antimicrobial resistance surveillance. 2017.

[14] Knight M, Kenyon S, et al. Sving Lives, Improving Mothers’ Care- Lessons learned to inform future maternity care from the UK and Ireland Confidential Enquiries into Maternal Deaths and Morbidity 2009-12. Oxford: National Perinatal Epidemiology Unit (NPEU), University of Oxford 2014

[15] Mohamed-Ahmed o, et al.. Progression from severe sepsis in pregnancy to death: a UK population-based case-control analysis. BJOG 2015, 122:1506-15

[16] Singer M, Deutschman CS, Seymour CW, Shankar-Hari M, et al. The Third International Consensus Definitions for Sepsis and Septic Shock (Sepsis-3). JAMA 2016;315:801-10.

[17] Global Maternal and Neonatal Sepsis Initiative Working Group. The Global Maternal and Neonatal Sepsis Initative: a call for collaboration and action by 2030. Lancet Glob Health 2017;5:e390-1

[18] Dolea C, Stein C. Global burden of maternal sepsis in the year 2000. Evidence and information for policy. World Health Organization, Ginevra, 2003.

[19] Donat S, Maraschini A, Lega I, D’Aloja P, Buoncristano M, Manno V and the Regional maternal mortality working group Maternal mortality in Italy: results and perspectives of record-linkage analysis. Acta Obstet Gynecol Scandinav 2018;DOI:10.1111/aogs.13415.

[20] Sistema nazionale linee guida (SNLG), Istituto superiore di sanità (ISS). Emorragia postpartum: come prevenirla, come curarla. Linea guida n. 26 Roma: ISS, 2016. Testo integrale: www.iss.it/binary/moma/cont/LGEPPcorrige.pdf

 

Foto di Anastasia Makarevich da Pixabay