La carenza di vitamina D è una condizione frequentemente riscontrabile nella donna e in generale nei pazienti di ogni età: secondo i dati interesserebbe almeno il 40% della popolazione europea mentre un 13% dei casi presenterebbe gravi ipovitaminosi.
Si intende come vitamina D una serie di molecole per la maggior parte costituite da ergocalciferolo (vitamina D2) e colecalciferolo (vitamina D3). La sua principale funzione consiste nell’aiutare l’assorbimento intestinale di minerali utili alla fisiologia umana, come il magnesio, il calcio e il fosforo, mentre ha un ruolo importante nella regolazione del metabolismo immunitario e osseo, riducendo il rischio di osteoporosi, nonché nella stimolazione della produzione di insulina.
Si è visto che può influire anche sul diabete gestazionale e l’ipertensione, su numerosi processi legati alla formazione dei tumori (in particolare a colon, mammella e prostata) e all’apoptosi (morte programmata delle cellule), mentre per diversi studi potrebbe essere direttamente correlata nelle donne ad alcune patologie come la sclerosi multipla o le malattie cardiovascolari, oltre che a problematiche legate all’infertilità, all’ovaio policistico e all’endometriosi.
La vitamina D può quindi essere per tutte queste ragioni considerata un prezioso alleato della salute delle donne.
Modulatore della forma attiva della vitamina D (detta calcitriolo o 1,25-diidrossivitamina D) che agisce sul metabolismo delle ossa e non solo, è il recettore VDR (Vitamin D Receptor) a cui essa si lega: il recettore è presente nelle cellule delle ossa, nel rene, nello stomaco, nel cervello, nel sistema immunitario, nei tessuti endometriali e miometriali, in placenta e ovaio, mammelle e paratiroidi.
Come fare scorta di vitamina D
La principale fonte di approvvigionamento di questa molecola è la luce solare (90% del fabbisogno) che ne stimola la sintesi a partire dal tessuto adiposo e poi nel fegato, convertita in 25(OH)D (25-idrossicolecalciferolo, o calcidiolo): per aumentarne i livelli dovrebbe essere sufficiente esporre ai raggi del sole da marzo a novembre la pelle di viso e braccia (o almeno il 25% della superficie corporea) per circa mezz’ora ogni giorno. Inoltre si può in piccola parte assimilare anche dal consumo di alcuni pesci come tonno, salmone, e in generale di pesce azzurro, oltre che dai latticini e dal tuorlo d’uovo.
Molto spesso durante la stagione invernale e nella società moderna, che ormai tende a limitare molto la vita all’aperto anche per i più piccoli, questi accorgimenti non bastano, e per questo motivo possono essere prescritti dai medici gli integratori di vitamina D3, soprattutto durante lo sviluppo della prima infanzia e in fasi particolari della vita della donna come la menopausa, condizione che porta a sintetizzare peggio la vitamina, oppure in gravidanza e allattamento, quando aumenta il fabbisogno.
Quali sono i livelli ottimali di vitamina D
Con un esame del sangue sulla concentrazione sierica di 25(OH)D circolante si può stabilire il quantitativo di vitamina D presente nell’organismo di una persona: tuttavia, la comunità scientifica non è del tutto concorde sulle soglie di riferimento ottimali minime e massime per questa molecola. Se in Italia l’AIFA ha abbassato molto la soglia minima per la rimborsabilità della supplementazione, normalmente vengono considerati come valori adeguati quelli compresi tra i 30 e i 100 ng/ml.
Si parla di intossicazione-tossicità sopra i 100 (dovuta ad abuso di integratori) di insufficienza di vitamina D con un valore tra i 20 e i 30 (ipovitaminosi D), di carenza al di sotto di 20, e infine di carenza grave sotto ai 10. Gli integratori per questa molecola devono essere sempre assunti sotto controllo medico per dosi e modalità, anche perché possono interagire con alcuni tipi di farmaci in uso.
Quali donne sono a rischio di carenza di vitamina D
Come scritto sopra possono essere a rischio di carenza di vitamina D le donne
• in menopausa e nella terza età
• in periodo di gravidanza e allattamento
• le pazienti con malattie dermatologiche come vitiligine e psoriasi
• che per qualche patologia soffrono di malassorbimento intestinale
• che hanno problemi renali o epatici
• che presentano patologie delle ossa
• che seguono terapie cortisoniche
L’impegno costante in attività sportive e fisiche all’aperto durante tutto l’anno aumenta le opportunità di ricevere una sufficiente dose di raggi solari per sintetizzare la vitamina D. Inoltre, vivere in modo attivo all’aria aperta ha un impatto positivo sulla salute a tutte le età: il contatto con la natura e i parchi verdi nelle città può migliorare il benessere delle persone, sia a livello fisico che psicologico, riducendo lo stress e la fatica mentale e facilitando le interazioni sociali.
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