La mia storia per avere una gravidanza parte da molto lontano. Ero concentrata sulla mia carriera professionale; intorno ai trentacinque anni un ragazzo, con cui avevo cominciato qualcosa d’importante, mi disse che non voleva avere figli senza che io gli avessi chiesto niente. Lo devo ringraziare perché mi fece riflettere e per prima cosa capii che avevo perso il contatto con una parte di me e che soprattutto non potevo prendere una decisione per una scelta di un’altra persona. Mi rimisi in piedi da sola e lavorai molto su me stessa per capire cosa volessi. Di lì a poco incontrai l’uomo che è poi diventato mio marito.
In modo molto naturale rimasi incinta e … mi sembrava un sogno….però la gravidanza non arrivò al terzo mese. Fu un dolore straziante sia per il corpo sia per l’anima…ero disperata, ma ci fu un risvolto positivo dell’esperienza: capii che volevo un figlio, che il mio corpo era fatto per avere una gravidanza e che era magnifico provare le piccole trasformazioni, i sentimenti di condivisione con mio marito e la meraviglia della procreazione.
Ci sposammo e dopo qualche mese rimasi nuovamente incinta, ma anche questa volta la gravidanza non andò avanti. E di qui partì un percorso lunghissimo e pieno di fallimenti e consapevolezze.
Avevo quaranta anni. Andammo in un centro per la procreazione assistita. Incontrammo al primo colloquio una persona glaciale, che senza fare alcuna analisi ci disse che ormai era tardi, che sicuramente non avevamo impedimenti fisiologici, ma che probabilmente avremmo dovuto intraprendere la strada dell’ovodonazione. Non ci soddisfò né il modo né l’accoglienza e abbandonammo immediatamente questo percorso.
Andammo allora da un professore che a detta di popolo è un luminare sul territorio cittadino. Facemmo le analisi: erano tutte perfette sia le mie sia quelle di mio marito. Ci disse che dovevamo astenerci per un po’ di mesi dalla procreazione.
Poi mi consigliò per facilitare la gravidanza di assumere una pasticca al giorno di metalformina. Iniziai e dopo due mesi rifeci le analisi, le inviai come mi era stato detto, ma non ebbi risposta. Ritornai dal professore dicendo che non stavo bene. Infatti stavo dimagrendo a vista d’occhio. Mi rispose che se volevo arrivare al mio scopo dovevo anche accettare qualche sofferenza. Passati quattro o cinque mesi, secondo lui, dovevamo riprendere i rapporti sessuali: avrei dovuto seguire la mia ovulazione e invitare con modi femminili (così diceva) mio marito ad avere rapporti solo nei momenti di fertilità . Questo percorso è durato circa due anni dall’inizio.
Persi sette chili e decisi di interrompere tutto. Capiii che stavo sbagliando punto di vista: a questo luminare non importava niente di me, dei miei desideri, del mio stare bene e ne ebbi conferma quando il segretario mi disse che gli portava le mie analisi, ma che sistematicamente le buttava via.
Ci rivolgemmo anche a percorsi con sistemi alternativi: iridologia, agopuntura… L’iridologa mi disse che era tardi, l’agopuntore che avremmo avuto un successo dopo un mese di cura intenso…e naturalmente non accadde nulla.
Andammo a Bologna e qui ci dissero, dopo altre numerosi indagini e analisi, che eravamo sani, ma che probabilmente ormai la mia età faceva sì che gli ovuli non fossero tutti adatti a procreare; ne avevo molti e aggiunse che provando a insistere naturalmente, forse sarei rimasta incinta. Qui feci il controllo più doloroso e invasivo che possa ricordare: la salpingoscopia.
Anche questa volta non avemmo un cosiglio valido, un sostegno medico serio: ci mandarono via dicendo che per la mia età non era fruttuoso seguirci perchè il loro budget si sostiene sui successi e noi saremmo stati un probabile insuccesso!!!
Ci fermammo. Ripresi in mano la mia vita un po’ accidentata da queste esperienze. Mi buttai su un’offerta di lavoro impegnativa e provai a ricostruirmi come donna, perchè sentivo che stavo perdendo insieme alla possibilità di essere madre anche tutto il mondo che una donna può esprimere. Soprattutto non poteva essere così che avrei realizzato il mio sogno: sentendomi alla mercè di una profonda mancanza di rispetto.
Sono passati anni. Un giorno per un pap test di routin andai a prenotare una visita presso un centro di analisi. Accanto alla reception c’era una brochure con un volto sorridente di una ginecologa che affiancava alla medicina tradizionale anche la tecnica dell’agopuntura: la Dottoressa Chiara Riviello. Quel viso mi convinse.
Alla visita di controllo mi venne spontaneo parlarle del mio percorso e lei capì cosa stavo cercando. Mi diede dei consigli e sentii che lo faceva empaticamente, credendoci per prima. Avevo quarantanove anni. Tornai a casa e ne parlai con mio marito, a cui devo aver trasmesso la sicurezza e la fiducia che mi aveva dato la dottoressa.
Feci un ciclo di agopuntura con la mia ginecologa per prepare l’ambiente dell’utero all’impianto e, sia io che mio marito, svolgemmo tutte le analisi di protocollo che dal laboratorio ci hanno richiesto. Mi furono impiantati due embrioni su otto, in ottimo stato, recuperati dalla fecondazione in vitro.
Purtroppo uno non attecchì e l’altro manifestò un fenomeno che si definisce anche uovo bianco, cioè c’era la camerina gestazionale, ma l’embrione non si era sviluppato. Sia la mia ginecologa che lo staff del laboratorio mi hanno seguita in tutto, non mi sono mai sentita sola o abbandonata al mio destino come mi era capitato in passato.
Eravamo decisi a riprovare e così mesi dopo siamo ripartiti. Questa volta è andato tutto bene fin da subito. Così a cinquanta anni sono incinta di due meravigliosi gemelli. Sono al quinto mese. Ancora lo staff de laboratorio mi chiama per avere notizie. La mia ginecologa è al mio fianco e mi sento sicura e tranquilla. Sono dove voglio, sto vivendo l’ esperienza che cercavo e mi sorprendo tutti i giorni per la bellezza di ciò che io e mio marito stiamo vivendo.