quando fare ecografia mammaria mammografia

Molte mie pazienti mi chiedono da che età, con che frequenza e quando fare la mammografia o l’ecografia mammaria, i due test di diagnostica per immagini più impiegati nella prevenzione del cancro al seno.

Il carcinoma della mammella è in effetti tra i tumori il più frequente nella popolazione femminile: stime basate sui dati del Registro Tumori della Toscana indicano infatti che ben 1 donna su 9 svilupperà questa patologia nel corso della sua vita.

La mammografia: ogni anno a partire dai 45, ogni 2 dai 50

La mammografia è un esame radiologico non doloroso (al massimo può provocare un senso di fastidio a causa della compressione della mammella tra due lastre) che espone la donna a una minima quantità di raggi X e non è compromettente per la s alute, la cui esecuzione e frequenza può variare anche a seconda della regione di pertinenza e dei protocolli adottati: nelle ASL della Toscana ad esempio, seguendo le ultime indicazioni del Ministero della Salute, i programmi gratuiti di screening su invito per le donne asintomatiche ne prevedono l’esecuzione a cadenza annuale dai 45 anni ai 50, e ogni 2 anni a partire dai 50 fino ai 74 anni d’età, in modo da ottenere una diagnosi precoce del carcinoma che, scoperto in fase iniziale, può essere curato molto efficacemente. Secondo gli esperti dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), l’estensione del test alle quarantenni (ma con cadenza annuale) potrebbe portare a un’ulteriore riduzione della mortalità per cancro al seno, mentre alcuni la ipotizzano anche per l’allargamento dell’offerta di screening fino ai 74 anni d’età, ma la questione è ancora molto dibattuta.

A tale proposito, nei primi anni 2000 in Gran Bretagna, uno studio randomizzato e controllato rivolto a donne di 40-41 anni ha evidenziato con lo screening una riduzione di mortalità statistica irrilevante (17%). La spiegazione di questo scarso risultato è da attribuirsi sia ad una minore sensibilità del test, che ad una bassa incidenza della malattia, che inizia invece ad aumentare a partire dai 45 anni. I limiti della mammografia risultano essere infatti evidenti nelle donne giovani e nei seni densi (quelli che presentano ghiandole con una maggiore presenza di tessuto fibroconnettivo rispetto al tessuto grasso), nei quali la sensibilità del test risulta ridotta e viene raccomandata un’ecografia di controllo.

Nel 2006 un consensus del Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico (GISMa) ha concluso che l’estensione alle donne di età inferiore ai 50 anni poteva essere presa in considerazione e nello stesso anno, il Ministero della Salute ha rafforzato le indicazioni del GISMa, affidando alle Regioni la scelta di estendere lo screening dai 45 ai 74 anni sulla base delle risorse disponibili e raccomandando un intervallo di somministrazione del test di 12-18 mesi. Tre anni dopo, la US Preventive Service Task Force, raccomandava lo screening mammografico biennale alle donne tra i 50 e i 74 anni, ma non consigliava la mammografia come test di screening routinario nelle donne tra i 40 e i 49 anni, lasciando alla scelta individuale l’accedere o meno a una mammografia biennale. Seguendo le orme del GISMa, il Consiglio Sanitario della Regione Toscana ha deliberato dal gennaio 2017 dunque lo screening per le donne di età 45-74 anni.

La mammografia viene anche prescritta per approfondimento diagnostico in presenza di un nodulo, scoperto attraverso palpazione. In presenza di anomalie riscontrate attraverso l’esame radiologico, il protocollo prescrive ulteriori accertamenti sulla paziente, che possono consistere in un’ulteriore mammografia, in un’ecografia mammaria (associata in alcuni casi a un prelievo cellulare o dei tessuti del seno in ago aspirato), oppure in altre indagini radiologiche come la tomosintesi digitale della mammella (DBT, Digital Breast Tomosynthesis) esame diagnostico in 3D.

L’ecografia mammaria: l’ideale per donne giovani e seni densi

Il ruolo dell’ecografia mammaria nella diagnostica per immagini è ancora dibattuto: mentre viene utilizzata come test di approfondimento per una mammografia dubbia o sospetta, non è inserita nei protocolli di screening, anche se ne viene suggerito l’utilizzo routinario nei seni densi.
Inoltre, in casi specifici essa può essere definitivamente sostituita dalla tomosintesi, rivelatasi in numerosi studi più efficace nel contribuire a risolvere le maggiori criticità della mammografia, in particolare per quanto riguarda appunto i seni densi.

L’ecografia si rivela molto utile per la diagnostica e la prevenzione del cancro al seno nelle donne più giovani, o come abbiamo detto per approfondire la natura di un nodulo, in aggiunta alla mammografia.

Per le donne ad alto rischio di tumore mammario ereditario

L’alto rischio mammario di origine genetica, stando alle stime dell’USPSTF (US Preventive Services Task Force) riguarda non più di 2 o 3 donne ogni 1.000. Le donne portatrici della mutazione hanno un rischio di sviluppare un tumore della mammella e/o dell’ovaio nel corso della vita dal 25 al 40%, circa 6 o 7 volte maggiore rispetto al resto della popolazione e tendenzialmente ad un’età più giovane rispetto all’età media di insorgenza. Si tratta di una condizione trasmissibile dominante e che quindi coinvolge la discendenza. Alle donne con profilo anamnestico sospetto e che vogliono sapere se sono portatrici di tale mutazione genetica è doveroso garantire una buona informazione ed un counseling adeguato, in modo da accompagnarne adeguatamente il percorso; occorre invece rassicurare e tranquillizzare quelle che non vogliono approfondire il loro rischio genetico e/o che temono di avere familiarità.

Alle donne affette dalla mutazione genetica è utile offrire una presa in carico complessiva, il miglior sistema di sorveglianza, di intervento profilattico e di riduzione del rischio.
La gestione di questa utenza intercettata tramite le richieste di approfondimento e la somministrazione di un test (come il Cuzick e Tyrer) va affidata nelle Breast Unit presenti sul territorio a un team multidisciplinare caratterizzato da competenze genetiche, radiologiche, oncologiche, chirurgiche, psicologiche e di nursing/counseling.

Ad oggi abbiamo a disposizione un esiguo numero di prove riguardo all’efficacia di procedure di esami di routine, di terapia medica profilattica, di modifica degli stili di vita, mentre abbiamo prove più soddisfacenti riguardo al ricorso ad interventi chirurgici di profilassi in relazione alle procedure standard proposte per tutta la popolazione.

In merito a queste evidenze e alle esperienze consolidate nella gestione delle donne ad alto rischio di sviluppare il cancro alla mammella, le LG della Regione Toscana raccomandano di:

• organizzare un percorso di diagnosi, sorveglianza e profilassi per le donne identificate portatrici di mutazione genetica o con rischio elevato per carcinoma mammario ereditario

• individuare strutture qualificate (Breast Unit), strumenti di selezione della popolazione a rischio e di verifica delle donne portatrici di mutazione genetica

• formulare adeguate modalità di presa in carico, interventi di counseling, protocolli di sorveglianza e di intervento profilattico, di riduzione del rischio, utilizzando solo strumenti validati da prove di letteratura.

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