biopsia-embrione-PMA

Tra le metodiche messe a punto nel tempo per migliorare l’efficacia della Procreazione Medicalmente Assistita, a iniziare dalla prima fecondazione in vitro del 1978 con la tecnica FIVET, riveste buona rilevanza la tecnica di biopsia dell’embrione, che permette di selezionare embrioni sani, ovvero esenti da malattie ereditarie, come la fibrosi cistica o la talassemia, e da anomalie genetiche, prima che essi vengano impiantati nell’utero materno.

Oggi sono disponibili una serie di trattamenti medici per la PMA in grado di risolvere molte forme di infertilità, generalmente suddivisi in tecniche di I livello, riguardanti il concepimento “in vivo”; tecniche di II livello, che prevedono un prelievo di ovociti, e infine tecniche di III livello, riferite a un prelievo chirurgico di spermatozoi dal testicolo o a una diagnosi genetica preimpianto.

Tra le più utilizzate, oltre alla già citata FIVET (Fertilizzazione In Vitro e Trasferimento in utero di Embrioni) troviamo:

  • Inseminazione artificiale omologa (IAO)
  • Stimolazione ovarica
  • Induzione della crescita follicolare multipla
  • Microiniezione di spermatozoo all’interno dell’ovocita (ICSI)
  • AZH (Assisted Zona Hatching)

Nel mio post di oggi vorrei però focalizzarmi sulla biopsia dell’embrione e globulo polare, tecnica ben consolidata per la Diagnosi Genetica Pre-Impianto (DGP), per cui viene riportata dalla letteratura scientifica internazionale la prima gravidanza nel 1990, mentre la prima nascita registrata a seguito di questa tecnica nel nostro Paese dai medici aderenti al SISMeR, la Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione, è datata 1996.

Biopsia dei globuli polari

L’ovocita nella prima fase della sua maturazione nucleare, detta prima meiosi, espelle un  corpuscolo, detto primo globulo polare. Questo corpuscolo non ha una funzione particolare e normalmente degenera dopo alcune ore, ma contiene un corredo cromosomico speculare a quello conservato dall’ovocita, che nella meiosi ha dimezzato il patrimonio cromosomico del gamete femminile affinché si potesse unire con quello dimezzato dello spermatozoo maturo, per andare a formare il normale corredo cromosomico nell’embrione.

Questo primo globulo polare viene quindi acquisito tramite biopsia, e utilizzato per la valutazione del numero di cromosomi presenti, al fine di fornire importanti informazioni sulla competenza cromosomica degli ovociti, e in alternativa alla biopsia degli embrioni, con particolare indicazione in base a:

  • età materna
  • ripetuti aborti
  • precedenti fallimenti di tecniche di PMA

I risultati di questa indagine devono essere disponibili rapidamente, per permettere l’inseminazione degli ovociti idonei nei tempi indicati, ovvero in 3-4 ore.

Una volta fecondata, la cellula uovo completa la meiosi ed espelle un secondo globulo polare che in certi casi, può essere necessario analizzare. Con recenti tecnologie diagnostiche sofisticate, dette microarrays è oggi possibile effettuare l’analisi di tutti i cromosomi dei globuli polari.

Biopsia dell’embrione

I progressi di biologia molecolare e citogenetica hanno accorciato moltissimo i tempi di esecuzione delle analisi genetiche, che se prima necessitavano di 10-15 giorni e di un numero molto consistente di cellule in divisione, oggi possono essere fatte anche su un’unica cellula, impiegando solo 5-6 ore. Nel caso della biopsia dell’embrione lo screening cromosomico può essere fatta su un blastomero aspirato tramite tecnologia laser da un embrione di 6-8 cellule, prima del trasferimento dell’embrione stesso nell’utero materno. Attualmente si può effettuare la biopsia sul blastocisto ritenuto idoneo, generalmente al 5º giorno di coltura.

Si ricorre alla biopsia dell’embrione per la diagnosi preimpianto nei seguenti casi:

  • quando c’è il rischio di trasmettere gravi malattie genetiche o alterazioni cromosomiche (tecnica PGD)
  • con rischio elevato di produrre embrioni con un corredo cromosomico alterato non compatibile con la vita (tecnica PGS)

Dopo la biopsia lo sviluppo dell’embrione viene accuratamente monitorato fino al momento del suo trasferimento in utero.