Nella mia esperienza di ginecologa forense ogni tanto vengo chiamata per cause di risarcimento medico per mancata diagnosi prenatale, intentate da genitori di bambini nati con anomalie e malformazioni più o meno gravi, che non sono state diagnosticate dalle regolari ecografie ostetriche prescritte nei diversi periodi della gravidanza. Su questo argomento penso che sia arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza.
Più che sulla prima ecografia di controllo che valuta l’impianto e la vitalità dell’embrione, l’attenzione è puntata prevalentemente sull’ecografia ostetrica del secondo trimestre – ovviamente eseguita secondo le attuali linee guida SIEOG (Società Italiana di Ecografia Ostetrico Ginecologica) – che è un esame di screening per la valutazione delle malformazioni fetali maggiori. Cosa diversa dall’ecografia di II livello, che è un approfondimento diagnostico richiesto di solito dopo aver eseguito l’ecografia standard del II trimestre per sospetta malformazione del feto, oppure in caso di infezioni della madre in gravidanza, familiarità o precedenti malformazioni fetali, gravidanza gemellare etc..
Diciamo subito che in generale l’ecografia prenatale non è sempre in grado di escludere tutte le malformazioni né le anomalie cromosomiche o le sindromi genetiche che possono insorgere nel bambino durante la gravidanza.
La possibilità di individuare anomalie fetali attraverso l’esame ecografico dipende infatti dal tipo di anomalia, dall’epoca gestazionale della donna che vi si sottopone, come anche dalla presenza di altri fattori che ne possono limitare l’efficacia, ovvero la presenza di fibromi uterini e cicatrici addominali, l’obesità materna, la posizione sfavorevole del feto oppure la riduzione del liquido amniotico.
Esistono quindi malformazioni anche gravi che non è sempre possibile vedere con l’ecografia: questa se condotta nel momento migliore, quello tra la 20ma e la 22ma settimana di gestazione e da un operatore esperto normalmente consente di visualizzare circa l’85% delle malformazioni maggiori.
Le mancate diagnosi interessano di solito anomalie di piccole dimensioni (es. difetti del setto interventricolare e interatriale ed altri difetti cardiaci), difetti che non si manifestano direttamente (atresia anale o esofagea, ernia diaframmatica) oppure riguardano difetti che non si accompagnano ad alterazioni morfologiche evidenziabili (es. ritardo mentale, malattie metaboliche, sindromi genetiche o cromosomiche come la sindrome di Down).
L’ecografia eseguita al terzo trimestre (eco di accrescimento, nella 30-34ma settimana) non ha lo scopo principale di valutare l’anatomia fetale, per quanto anche con tale ecografia si possano evidenziare anomalie non evidenziate precedentemente o che si manifestino e si sviluppano nel terzo trimestre, come determinate anomalie scheletriche (acondroplasia) del tratto intestinale (atresia intestinale) renali (come l’idronefrosi) cardiache (coartazione aortica) e cerebrali (come l’idrocefalia). Sono a comparsa tardiva anche le patologie neoplastiche (tumori come teratomi e neoblastomi) o emorragiche (cerebrali o surrenali).
Le ripercussioni medico legali da mancata diagnosi di malformazioni fetali, solitamente sono di due tipi:
- la mancata diagnosi nel I o nel II trimestre, che ha impedito alla donna/coppia di conoscere lo stato di salute del feto e conseguentemente di far ricorso alla interruzione volontaria (entro i 90 giorni) o terapeutica (dopo i 90 giorni) della gravidanza. (vedi approfondimento Legge 194/78)
- La conoscenza di una malformazione fetale prima della nascita, ad esempio anomalia cardiaca, che avrebbe permesso di trasferire il feto in utero (quindi con la mamma prima del parto) in un luogo dove è disponibile un’assistenza all’altezza della problematica stessa, oppure di ricorrere a un intervento chirurgico di urgenza, oppure ancora di decidere per un parto cesareo invece che per un parto vaginale.
Esiste anche un’altra ripercussione della mancata diagnosi che consiste nella omessa informazione della futura mamma sulla presenza di una anomalia/malformazione diagnosticabile. In questo caso, indipendentemente dalle scelte operate o meno successivamente alla notizia dalla donna e dai medici, la conoscenza dello stato fetale, secondo alcune sentenze, permetterebbe alla donna di prepararsi logisticamente, economicamente e soprattutto psicologicamente all’arrivo di un bambino con diverse esigenze, quindi tale mancata informazione costituirebbe di per sé un danno.
Il mondo medico legale della diagnosi prenatale, è quindi molto complesso, e richiede l’attento studio di ogni singolo caso per l’analisi della presenza di una condotta incongrua e per l’identificazione del conseguente danno.