In occasione del mese della prevenzione del tumore al collo dell’utero indetto dal nostro Ministero della Salute oggi facciamo un po’ di chiarezza su come questo carcinoma si può prevenire, con attività di prevenzione secondaria e primaria, ovvero attraverso la diagnosi precoce degli screening e il vaccino per l’HPV contro le infezioni da papillomavirus, fatto preferibilmente agli adolescenti (è consigliato per le ragazze dai 12 ai 26 anni e per i ragazzi dai 13 ai 21 anni) e in un periodo precedente ai primi rapporti sessuali.
Parlarne è piuttosto importante se consideriamo che nel nostro Paese il cancro cervicale risulta essere il quinto tumore più frequente nelle donne in età fertile, sotto i 50 anni di età, mentre ancora purtroppo solo il 60% delle ragazze target si è sottoposto a questa vaccinazione salvavita.
Il carcinoma alla cervice uterina interessa il 6,5% di tutte le diagnosi di tumori femminili, con 51.000 donne che hanno questa malattia.
L’OMS per il 2030 ha fissato come strategia globale l’obiettivo di ridurre in tutti i paesi il tasso di incidenza a un numero inferiore a 4 casi per 100.000 donne, per arrivare ad eliminare il cancro cervicale nel mondo (risparmiando 5 milioni di morti entro il 2050) con la formula 90-70-90 ovvero:
- 90% delle ragazze prima dei 15 anni vaccinate
- 70% delle donne sottoposte a screening con test prima dei 35 anni e poi di nuovo prima dei 45 anni.
- 90% delle donne con pre-cancro sottoposte a trattamento e il 90% delle donne con cancro invasivo curate in modo adeguato.
Perché il vaccino per l’HPV previene il cancro al collo dell’utero?
L’infezione da papillomavirus umano è la prima causa di tumore alla cervice uterina, ed è una malattia che si può trasmettere facilmente attraverso i rapporti sessuali non protetti. Ben il 99,7% dei carcinomi della cervice uterina è correlato all’infezione HPV, e se il condom costituisce un’ottima indispensabile barriera alla trasmissione delle malattie sessualmente trasmesse, tuttavia può non essere sempre sufficiente a impedire il contagio di questa infezione silente, molto diffusa soprattutto tra la popolazione più giovane. Si stima infatti che oltre il 75% delle donne e degli uomini sessualmente attivi nel corso della sua vita entri in contatto con il virus. Altri fattori che possono contribuire all’insorgenza di questo cancro come altri tipi di cancro sono il fumo, la familiarità del tumore, una dieta non sana povera di frutta e verdura, l’obesità.
Se l’infezione da Human Papilloma Virus a volte regredisce spontaneamente, in altri casi permane per molto tempo causando lesioni al collo dell’utero che possono portare a questo tumore ginecologico. Si calcola che su un milione di donne infettate, circa 1.600 svilupperanno un tumore della cervice uterina.
Le evidenze di uno studio realizzato in Gran Bretagna, pubblicato sulla rivista The Lancet, avendo preso in esame le diagnosi registrate in Inghilterra tra il 2006 e il 2019, ci dicono che i casi di tumore della cervice uterina con il vaccino scendono addirittura dell’ 87%. Per questo il vaccino, specie nell’ultima versione nonavalente rilasciata nel 2017, che protegge da alcuni dei ceppi più insidiosi del papillomavirus, è da considerarsi il principale strumento di prevenzione primaria contro i tumori al collo dell’utero. Il vaccino in Italia è assicurato in forma gratuita alla popolazione attorno all’età di 12 anni, con le seguenti modalità:
- 2 dosi nel corso del 12° anno (dall’11° al 12° compleanno)
- 3 dosi dopo il compimento del 14° o 15° anno
Pap-test o HPV-DNA test? Differenze e indicazioni
Un altro strumento indispensabile di prevenzione accanto al vaccino è lo screening periodico per una diagnosi precoce del tumore alla cervice uterina l’indicazione è quella di eseguire in prima istanza il test per l’HPV, che intercetta l’infezione prima ancora che si sviluppi la malattia e si manifesti a livello delle cellule, perché individua la presenza del DNA del virus ad essa correlato.
il papilloma test nelle donne over 30 ha dimostrato una riduzione del 60% dell’incidenza dei tumori rispetto al Pap Test tradizionale, che rimane efficace nell’analisi delle cellule ed è da preferirsi per le giovani sotto i 30 anni. A seconda dei risultati individuati attraverso questi test, può essere indicato eseguire una colposcopia esplorativa e diagnostica con biopsia per l’identificazione di eventuali lesioni a rischio. Alle donne di 25-64 anni le regioni assicurano programmi di screening periodici gratuiti, con cadenza di 3 anni per il pap-test e cadenza di 5 anni per il test sul papilloma.