Negli ultimi tempi si è molto letto e parlato di maternità surrogata, e soprattutto di “utero in affitto” – per usare il termine piuttosto crudo correntemente utilizzato dai mass media italiani – a fronte della correlazione di questo tipo di procreazione assistita con la questione delle unioni civili e delle coppie di fatto, attraverso un dibattito strumentale e meramente politico più ampio, contro le unioni alternative alla famiglia tradizionale, incentrato sulle indubbie implicazioni etiche e normative che pone questo tipo di gravidanza.
Ma cos’è la maternità surrogata e da quali leggi è regolata?
Può succedere che coppie eterosessuali, come anche single o coppie omosessuali che desiderano un figlio, non siano in grado di portare avanti una gravidanza in prima persona per cause oggettive: in questo caso in alcuni paesi del mondo esiste la possibilità che una donna accetti di affrontare la gestazione e il parto al posto loro, per poi renderli genitori.
Le persone contrarie a questa pratica in genere accusano le donne alla ricerca di un figlio che possono permettersi solo economicamente, di ricorrere alla maternità surrogata semplicemente per preservarsi dai rischi della gravidanza e per non rovinare egoisticamente il proprio corpo: in realtà non tengono conto della maggioranza di quelle donne che dolorosamente non godono delle condizioni cliniche adatte a sostenere una gestazione, ad esempio per la presenza di malformazioni uterine, di grandi fibromi più volte operati, per asportazione dell’utero, per l’assunzione di farmaci incompatibili o per patologie gravi per cui la gravidanza è semplicemente controindicata.
La pratica della maternità surrogata è permessa unicamente in paesi che riconoscono la patria potestà a chi trasmette il proprio patrimonio genetico, indipendentemente dall’avere o meno partorito: qui, la donna che porta avanti la gestazione e partorisce un bambino con geni diversi dai suoi non ne è considerata la madre legale.
In Italia la legge 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita vieta esplicitamente il ricorso alla surrogazione di maternità, mentre problemi anche penali sul riconoscimento di bambini nati all’estero con la pratica dell’”utero in affitto” possono nascere al rientro della coppia con il figlio; tuttavia recentemente la Corte Europea sui Diritti Umani ha riconosciuto in due sentenze del 26 giugno 2014 che una Nazione, seppure leggittimata a vietare la maternità surrogata sul proprio suolo, non può fare valere tale divieto a discapito di bambini legalmente nati all’estero tramite questo pratica. Su questo principio di diritto la Francia è già stata condannata, con effetti a ricaduta anche sugli altri Stati membri europei.
Per questo e per altri motivi di ordine pratico e organizzativo prima di affrontare la procedura è bene informarsi, per affidarsi a specialisti ed agenzie serie e competenti, in grado di tutelare in ogni fase del processo la salute e i diritti di tutte le persone coinvolte, dalla madre surrogata al feto, agli aspiranti genitori.
Le procedure per la maternità surrogata sono piuttosto complesse e differiscono a seconda delle singole situazioni:
- Le coppie eterosessuali ad esempio, se appena è possibile, utilizzano per la fecondazione sperma e/o ovuli propri.
- I single e le coppie omosessuali hanno bisogno almeno di un donatore e che sia diverso dalla donna che accetta di portare a termine la gravidanza, qualora si renda necessaria la donazione dell’ovulo.
Le fasi della maternità surrogata
È sempre bene entrare fin dall’inizio in relazione diretta con tutte le persone coinvolte e soprattutto con la donna che porterà in grembo il proprio figlio, per potersi accertare che nei nove mesi quest’ultima venga realmente seguita, rispettata e tutelata, e soprattutto che la sua scelta iniziale sia libera e pienamente consapevole.
Dopo la fecondazione in vitro dell’ovulo (IVF o FIVET) l’embrione viene fatto impiantare nell’utero della portatrice selezionata, che verrà assistita e monitorata per tutta la gravidanza dai medici delle cliniche specializzate di riferimento; a tale proposito occorrerà conoscere in anticipo quali controlli sono previsti per la salute della madre e del feto che porta in grembo: in alcuni paesi ad esempio, esami come l’amniocentesi vengono effettuati esclusivamente se strettamente necessari. È anche importante considerare che le assicurazioni sanitarie coprono la madre ma non le eventuali cure richieste per il bambino.
In prossimità del parto, chi vi ha seguito durante tutte le varie fasi della procreazione assistita avvierà le necessarie procedure legali per il riconoscimento formale di uno o di entrambi i genitori biologici e al rientro a casa si accerterà che il certificato di nascita venga trascritto e considerato valido anche in Italia, in modo che tutto vada a buon fine senza ulteriori problemi.
È necessario che la procedura fin dall’inizio sia regolata da un contratto preciso e dettagliato, che ne garantisca trasparenza e sicurezza e sia conforme ai controlli dell’autorità giudiziaria, in modo da ottenere un certificato di nascita che potrà essere trascritto nei registri di Stato Civile, in modo da evitare l’insorgere di problemi di riconoscimento del genitore biologico al rientro in Italia.
Per questo è fondamentale affidarsi a operatori esperti nelle procedure e negli ordinamenti giuridici sia del paese dove ha luogo la maternità surrogata, sia del paese di provenienza e destinazione degli aspiranti genitori.
In quali Stati è permessa la maternità surrogata e con quali costi
I Paesi in cui la maternità surrogata è permessa sono in costante aumento. In Italia è illegale e perseguibile penalmente come lo è in Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Cina. In alcuni Stati (Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Belgio Grecia, Israele, Sud Africa, Australia) è legale esclusivamente quella “altruistica“, ossia che non prevede nessun compenso per la madre.
Infine ci sono nazioni dove la pratica della madre surrogata a fini commerciali è legale: primi fra tutti alcuni degli Stati Usa come la California, ma anche il Canada, o ultimamente, nell’est Europa, l’Ucraina (dove ha sede Biotexcom, il più famoso centro per la maternità assistita in Europa), la Russia, la Georgia, e infine l’India, nei quali si assiste alla presenza di un vero e proprio boom del settore, grazie ai prezzi decisamente competitivi rispetto a quelli delle destinazioni americane dove per altro c’è una procedura legale decisamente più sicura ed efficiente.
I prezzi variano dunque a seconda dello Stato, spesso in parallelo alla stessa affidabilità e sicurezza delle procedure: sono determinati da diversi fattori quali i costi sanitari e assicurativi, i costi di agenzia e quelli legali, e in proporzione minore dai compensi riconosciuti alla madre surrogata.
Negli Stati Uniti si possono arrivare a spendere tra i 100.000 e i 150,000 dollari, di cui dai 15-18.000 vanno alla madre surrogata. In India e nei Paesi dell’Est ci vogliono dai 29.000 ai 45.000 dollari, di cui alla madre sono riconosciuti circa 10.000 dollari.
I criteri di scelta fra un Paese e l’altro sono spesso determinati dal budget ma non devono prescindere dal livello giuridico garantito da ognuno: se il rientro dal Canada o dagli Stati Uniti in Italia non crea problemi penali, in quanto i bambini che godono di cittadinanza americana o canadese non hanno problemi a veder trascrivere i loro certificati di nascita, nei paesi dell’Est la procedura è assai più complessa, coinvolge Ambasciata e Consolato e in alcuni casi è passibile di procedimento legale.