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Negli ultimi anni il termine violenza ostetrica ha iniziato a trovare spazio nel dibattito pubblico, portando all’attenzione una serie di pratiche mediche e comportamenti del personale sanitario lesivi della dignità e dell’autonomia delle donne durante gravidanza, parto e post-partum.

Cos’è la violenza ostetrica e quando si verifica?

Si parla di violenza ostetrica quando – ad esempio – si effettuano interventi medici senza consenso informato, si utilizza un linguaggio colpevolizzante, si ignora il dolore espresso dalla donna o si nega la sua libertà di movimento e scelta durante il parto.

Non si tratta sempre di episodi eclatanti: più spesso sono situazioni sistemiche, legate a protocolli ospedalieri obsoleti, o alla carenza di risorse e di formazione sul rispetto dei diritti del paziente. Una delle poche indagini italiane in materia è stata condotta dalla Doxa per l’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica (OVOItalia) nel 2017. Da questo studio è emerso che:

  • il 21% delle madri italiane ha dichiarato di aver subito maltrattamenti fisici o verbali durante il primo parto
  • il 54% ha vissuto negativamente l’episiotomia, spesso praticata senza informazione né consenso
  • il 61% delle donne sottoposte a episiotomia ha affermato di non aver mai firmato un consenso informato;
  • il 27% si è sentito seguito solo in parte dal personale sanitario

Tra le pratiche più segnalate come oggetto di violenza ostetrica:

  • Episiotomie senza consenso
  • Manovra di Kristeller, fortemente scoraggiata dall’OMS
  • Tagli cesarei non necessari
  • Esplorazioni vaginali ripetitive e non giustificate
  • Rifiuto dell’anestesia
  • Rooming-in senza adeguato supporto
  • Commenti denigratori e infantilizzanti
  • Divieto di movimento o posizione imposta durante il parto

Denunce e aspetti legali

Il Portogallo ha recentemente approvato una legge che riconosce ufficialmente la violenza ostetrica, ponendo le basi per il riconoscimento legale e per la protezione delle donne. In Italia, invece, la situazione è più complessa.

Attualmente, non esiste una normativa specifica che definisca la violenza ostetrica o la distingua da altri tipi di danno medico.

Non ci sono banche dati ufficiali né indagini sistematiche da parte degli enti pubblici. Le poche indagini disponibili provengono da ricerche indipendenti, accademiche o da associazioni civili. Questo rende molto difficile, sul piano tecnico-giuridico, dimostrare una responsabilità professionale nei casi di presunta violenza ostetrica, per riconoscerla e perseguirla come danno medico.

Come ginecologa forense ricevo richieste di supporto legale da donne che sono state oggetto di trattamenti inappropriati durante il parto.

Ma va detto con trasparenza: senza dati oggettivi, senza tracciabilità del consenso informato e senza una cornice normativa, è spesso impossibile dimostrare un nesso di causa tra quanto vissuto e un danno giuridicamente rilevante.

Questo non significa che il problema non esista. Al contrario, significa che abbiamo ancora molta strada da fare per costruire strumenti giuridici adeguati, basati su standard chiari e condivisi. Serve una raccolta sistematica dei dati, una formazione diffusa degli operatori sanitari e un cambiamento culturale che rimetta la donna e il suo vissuto al centro dell’assistenza. Anche il termine stesso “violenza ostetrica” è oggetto di dibattito. Alcuni professionisti lo ritengono fuorviante o denigratorio verso gli operatori sanitari, perché può far pensare a un’intenzionalità aggressiva. Altri propongono alternative come:

  • “maltrattamenti ostetrici”, per includere una gamma più ampia di comportamenti inadeguati
  • “abuso nell’assistenza sanitaria”, per estendere il concetto a tutte le specialità mediche

Il rischio, però, è quello di diluire il significato e oscurare l’impatto reale che queste esperienze possono avere sulla salute fisica ed emotiva delle donne.

Ecco perché è fondamentale:

  • che le donne conoscano i propri diritti, sappiano cosa è lecito aspettarsi e si sentano legittimate a far sentire la propria voce
  • che i governi siano sensibilizzati sulla portata di questo fenomeno, per avviare politiche di raccolta dati, formazione del personale e – finalmente – interventi legislativi concreti

Per richiedere un consulto medico o semplicemente per prenotare una visita ginecologica puoi contattarmi qui o prenotare onlineIn qualità di ginecologa ostetrica ricevo tutte le settimane le mie pazienti negli studi di Milano e Firenze.

Fonti:

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