La leucomalacia periventricolare (PVL) è una patologia che può manifestarsi nei neonati pretermine, nati prematuri tra la 26 e la 32 settimana gestazionale. Questa condizione provoca una lesione cerebrale che si manifesta con la necrosi di parte dei tessuti fatti di fibre nervose e cellule gliali che costituiscono la sostanza bianca, la quale avvolge i ventricoli del cervello. Secondo statistiche recenti, negli ultimi decenni l’incidenza di questa condizione neurologica è andata gradualmente diminuendo.
La leucomalacia periventricolare può manifestarsi in forme considerate più lievi che sono anche le più diffuse, interessando poche aree isolate e microscopiche della sostanza bianca, oppure con una forma più severa ma meno frequente detta leucomalacia periventricolare cistica, ben visibile al controllo ecografico e della risonanza magnetica.
Cause e conseguenze della leucomalacia periventricolare cistica e non
Gli effetti della leucomalacia si presentano generalmente nelle settimane che seguono il parto, comprese nell’arco di tempo che copre fino al termine naturale delle 40 settimane di gestazione: in questo periodo si formano le lesioni che determinano cicatrici permanenti, in alcuni casi correlate a danni neurologici e sul sistema motorio del bambino, di diversa entità.
L’ ischemia delle aeree celebrali – ovvero il mancato apporto di sangue ai tessuti – è considerata al pari dell’ipossia (mancanza di ossigeno) una delle principali cause, ma gli studi proseguono e chiamano in causa anche uno specifico processo infiammatorio, che dai primi momenti della vita intrauterina interessa le cellule chiamate pre-oligodendrociti, presenti nello sviluppo sostanza bianca, mentre numerose pubblicazioni riportano come causa di leucomalacia postnatale e danni ipossico- ischemici leucomalacici (con conseguente comparsa dei primi segni della affezione fino a 10 settimane dalla nascita), sempre un evento acuto significativo, come una NEC (enterocolite necrotizzante), shock o crisi ripetute di apnea (Rushton, de Vries), oltre che insufficienza respiratoria, emorragia ventricolare, e altri evento significativi che annullino l’autoregolazione della circolazione cerebrale (Volpe Saunders Co,pagg 307,331,373).
Ricapitolando la leucomalacia periventricolare può essere quindi determinata da ipossi-ischemia, così come da traumi meccanici cranici del travaglio e/o del parto, emorragie cerebrali, ed anche da eventuali patologie infiammatorie/infettive materne, tutte cause che nei prematuri possono facilmente portare alla perdita della autoregolazione del circolo cerebrale (e quindi ad un calo di irrorazione).
Rapporto tra danno leucomalacico ed età gestazionale
Più bassa è l’età gestazionale del prematuro, meno sviluppata è l’irrorazione periventricolare dei rami più profondi, per cui più lieve è il grado di ischemia sufficiente a procurare il danno leucomalacico e, quindi, meno evidenti saranno in proporzione le complicazioni cliniche in epoca neonatale.
Si è visto infatti che il grado di ischemia richiesto per un danno leucomalacico varia a secondo dello sviluppo dei rami più profondi delle arterie periventricolari e questo sviluppo è correlato all’età gestazionale. Il periodo fra il 6° ed il 10° mesi di gestazione in particolare coincide con il grande sviluppo della vascolarizzazione periventricolare e il grado di questo sviluppo, può essere usato come indice di maturità cerebrovascolare (Rorke, Inage, Takashima 1978).
Le arterie che irrorano la sostanza bianca periventricolare normalmente penetrano l’encefalo dalla superficie piale (Rorke, Inage). In presenza delle lesioni causate dalla leucomalacia periventricolare per scarso apporto di sangue, dovuto ad esempio a cali di pressione o deficit di irrorazione (Volpe Saunders Co), si verifica la distruzione dei tessuti in zone periferiche che sono considerate “zone arteriose terminali” di queste arterie.
In altre parole: le conseguenze di danno permanente di un evento ischemico come quello della leucomalacia possono essere le più diverse, determinate dalla gravità e dalla durata della mancata irrorazione dei tessuti e anche dal minore o maggiore grado di maturità dello sviluppo cerebrale (Volpe Saunders Co). A questo proposito, bisogna tenere presente che solo dalla 32a settimana e nelle seguenti fino alla 40a settimana di gestazione, l’albero arterioso che irrora la sostanza bianca periventricolare comincia ad arricchirsi delle arterie penetranti “corte”, e soprattutto di quelle “lunghe” che arrivano nella profondità della sostanza bianca cerebrale.
Disturbi, diagnosi e cura del danno da leucomalacia
I disturbi in genere si manifestano nei 6-9 mesi dopo la data di nascita a termine, ma alcuni specialisti possono cogliere i primi lievi sintomi anche più precocemente. Non esistono cure specifiche al di fuori dei protocolli di terapia riabilitativa e fisioterapia specifica per limitare i danni al sistema motorio, mentre importante è la medicina preventiva e il monitoraggio adeguato dei prematuri da parte di reparti specializzati e attrezzati nei presidi ospedalieri.
Dal momento che la diagnosi di danno della sostanza bianca è alquanto complessa e difficile nella maggioranza di casi, anche a seguito di un esame neurologico di routine nel periodo neonatale, le linee guida raccomandano da tempo studi di neuroimaging (Ecografia e Risonanza Magnetica Cerebrale), in particolare nei prematuri come quelli sopra citati: tanto più che in caso ad esempio di asfissia breve o non grave, i neonati possono aver riportato danni alla sostanza bianca o a determinate regioni celebrali, con conseguenze difficilmente rilevabili o non evidenti nel post partum.
Le conseguenze più importanti riguardano la forma cistica – quella che produce un danno più esteso con lesioni chiamate cavitazioni –collegata a un più alto fattore di rischio di problemi neurologici e psico-motori: in particolare si parla di deficit da diplegia spastica agli arti inferiori (precedentemente, dal 1862, chiamata “morbo di Little”) con diversi gradi di gravità. In alcuni casi si possono avere problemi motori anche agli arti superiori, mentre in rari casi si manifestano ripercussioni anche sulla sfera cognitiva e sui disturbi visivi.
Risarcimento da danno medico per lesioni da leucomalacia periventricolare cerebrale
Non tutte le leucomalacie periventricolari sono associate a una responsabilità medica, ma è necessario secondo la nota criteriologia medico forense, valutare di volta in volta se sussista un comportamento incongruo dei sanitari, che può essere ad esempio associato a un ritardo nell’espletamento del parto, e a un nesso di causa con il danno cerebrale fetale.
Uno dei casi di leucomalacia periventricolare cistica che ho potuto seguire in sede giudiziaria in qualità di medico forense ha proprio accertato la responsabilità dei medici che hanno assistito una partoriente in presenza di un disturbo neuromotorio specifico che interessava braccia e gambe di un bambino nato pretermine con sofferenza perinatale.
In dibattimento erano stati accertati da parte dei sanitari che avevano in cura la madre, relativamente agli eventi che precedettero e che seguirono la nascita del bambino, alcuni comportamenti incoerenti e difficilmente spiegabili sulla base dei dati a quel momento disponibili, inerenti il sospetto di un’infezione intrauterina. In particolare venne riscontrato un colpevole ritardo su inequivocabile indicazione al taglio cesareo e non furono compiuti i necessari accertamenti in considerazione, anche, dell’importanza di iniziare il prima possibile eventuali interventi riabilitativi, come condizione alla base di eventuali favorevoli risultati di recupero funzionale. Inoltre venne rilevato che non vennero effettuati i necessari riscontri che avrebbero consentito senza ombra di dubbio una diagnosi più precisa ed oggettiva delle lesioni da leucomalacia periventricolare cerebrale.
Per maggiori informazioni sono disponibile alla mail medicinalegale@chiarariviello.it e segreteria@chiarariviello.it