Isterectomia non necessaria

La richiesta di risarcimento per danno medico in caso di isterectomia non necessaria è una tematica ricorrente in ginecologia forense. Di recente, sono stata incaricata di analizzare un caso clinico che ha sollevato numerosi dubbi sull’indicazione e sulla gestione di un intervento di isterectomia per fibroma uterino.

L’isterectomia (asportazione chirurgica dell’utero), rappresenta un intervento radicale con implicazioni fisiche ed emotive significative per le pazienti. Sebbene talvolta indispensabile, il suo ricorso per patologie benigne come il fibroma uterino deve essere giustificato da precise indicazioni cliniche. In qualità di medico forense, ho analizzato la vicenda della paziente sottoposta a isterectomia e con gravi complicanze post-operatorie, al fine di accertare eventuali incongruità mediche e la fondatezza di una richiesta di risarcimento in sede legale.

I fatti clinici

La paziente, in Pronto Soccorso in seguito a dolori addominali inizialmente attribuiti a una possibile colica renale, era stata sottoposta a una serie di accertamenti diagnostici che avevano evidenziato un fibroma uterino di circa 4 cm.

In seguito a una visita ginecologica e a due risonanze magnetiche, era stata ricoverata e sottoposta a isterectomia vaginale con diagnosi di fibroma uterino. Durante l’intervento si era verificata una lacerazione rettale, suturata sul momento, ma le complicanze post-operatorie erano risultate severe (iperpiressia e dolore persistente), culminando nella formazione di una fistola retto-vaginale. La paziente aveva riportato emissione di feci dalla vagina già in sala operatoria, evidenza non documentata in cartella clinica, e ad oggi continua a soffrire di postumi significativi.

Incongruità rilevate

  • Indicazione all’intervento – Non vi erano evidenze cliniche e diagnostiche tali da giustificare un’isterectomia. I dolori addominali, collegabili fin dall’inizio a un’origine renale o lombosacrale, non erano compatibili con la presenza del fibroma uterino, come confermato dalla letteratura medica. Infine, non c’erano elementi clinici o strumentali che facessero sospettare un’evoluzione maligna del fibroma. L’intervento inoltre è stato eseguito senza esplorare alternative terapeutiche meno invasive, come il trattamento medico o radiologico.
  • Errore tecnico durante l’intervento – La lacerazione rettale rappresenta una complicanza grave. Dalla documentazione emerge che non sono state seguite alcune procedure standard per minimizzare il danno e verificare l’integrità della sutura, come la prova pneumatica. La posizione del fibroma, dichiarata nel referto operatorio, non coincideva con le evidenze strumentali. Inoltre, non è stato coinvolto un chirurgo specialista, e la gestione intraoperatoria è risultata lacunosa.
  • Gestione post-operatoria – Nonostante l’iperpiressia (febbre alta) persistente e la presenza di un’immagine anomala nello spazio retto-vaginale, non sono stati eseguiti ulteriori interventi di bonifica. La paziente è stata dimessa con sintomi persistenti e senza un’adeguata documentazione relativa alla lesione iatrogena riportata, che è stata con poca trasparenza omessa nella lettera di dimissione.

Considerazioni medico legali

Le attuali linee guida sottolineano che l’isterectomia deve essere riservata a patologie benigne sintomatiche non gestibili con metodi conservativi. In Italia, si stima che il 75% delle isterectomie venga effettuato per patologie benigne, ma un numero significativo di interventi non rispetta i criteri delle linee guida, come confermato da studi epidemiologici e dalla stessa AOGOI, che nel 2018 ha denunciato l’esecuzione di circa 50.000 isterectomie improprie all’anno.

Nell’ambito della responsabilità medica, alla luce della mia analisi medico-legale il caso presenta numerose incongruità, dal momento che l’isterectomia è stata eseguita in assenza di indicazioni cliniche stringenti, contravvenendo alle linee guida; che la gestione chirurgica ha causato un danno iatrogeno evitabile e infine che, proprio a causa dell’insufficiente gestione del decorso post-operatorio, le condizioni della paziente si sono aggravate.

Quindi l’assenza di un’indicazione clinica chiara, l’esecuzione chirurgica non conforme e la gestione post-operatoria insufficiente configurano un errore medico con un nesso causale diretto con il danno subito dalla paziente. Ciò apre la strada a una richiesta di risarcimento per danno biologico, sia temporaneo che permanente, che dovrà essere adeguatamente quantificato in base alla situazione clinica stabilizzata.

Questo caso sottolinea ancora una volta l’importanza di aderire alle linee guida e di comunicare chiaramente con la paziente, garantendo un consenso informato basato su tutte le opzioni terapeutiche disponibili. Negligenze simili non solo compromettono la salute della paziente, ma mettono a rischio il rapporto di fiducia tra il medico e quest’ultima.

Una valutazione approfondita della documentazione medica, delle linee guida e delle procedure adottate è essenziale per sostenere la fase successiva di causa legale.

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